Memorie di un ragazzo ufficiale del '99 nella Grande Guerra sui Colli Alti del Grappa

 Abbiamo scoperto l’esistenza di questa memoria, pubblicata nel 1934, dal libro di Pierallini e Zannol “L’occhio mortale” che tratta l’argomento dei tiratori scelti italiani nella Grande Guerra. Fra le testimonianze viene riportata la vicenda del giovane Arnaldo Geraldini, sniper occasionale sul Col del Miglio nel corso del 1918.
Questo libro, ormai quasi introvabile, è fortunatamente conservato nell’archivio del Centro di documentazione sul Grappa di Crespano e ci ha consentito di aggiungere una ulteriore tessera al mosaico composto dalle numerosissime testimonianze personali di combattenti presenti sul fronte del Massiccio nell’ultimo anno della Grande Guerra. Testimonianze che ci consentono ora di indagare sui fatti accaduti attraverso le diverse visioni individuali di chi, sia pure con ruoli e appartenenze diversi, ha partecipato ai combattimenti e ricorda la sua esperienza con una ricchezza di particolari tali da costituire fonti storiche esclusive, non reperibili negli archivi ufficiali.
Geraldini intitola il suo libro-memoria “Monte Grappa tu sei la mia Patria …”, come la nota e leggendaria Canzone del Grappa i cui versi erano stati composti dal generale Emilio De Bono, comandante del IX Corpo d’armata dal quale dipendeva il 58° reggimento della brigata Abruzzi, il suo reggimento di appartenenza. Infatti, la permanenza del nostro memorialista in zona di guerra, che va da metà marzo ai primissimi giorni di novembre 1918, si svolge nel territorio di competenza del IX corpo sui Colli Alti.
I luoghi e i percorsi sono citati con precisione e consentono agli “escursionisti della memoria” di andare con certezza lungo mulattiere, sentieri e camminamenti che in quel periodo sono statti calpestati dai fanti italiani di notte e di giorno: la salita dalla valle di Santa Felicita al Col Campeggia, continuando per Ponte San Lorenzo dove introdursi nei camminamenti del versante est di Col del Gallo, fino all’Osteria del Pianaro per proseguire verso San Giovanni, giungendo poi a Pra Fiolo [Pra Priolo nel testo], sede del comando di battaglione, e salire sul Col del Miglio per portarsi in prima linea di fronte al Col Caprile in mano austriaca.
Si tratta di un ambiente dolcissimo per natura e paesaggio, se non fosse per i segni della guerra ancora presenti nonostante i cent’anni trascorsi. Arnaldo Geraldini, nato nel 1899, è figlio unico di una famiglia borghese benestante romana; frequenta e conclude il liceo acquisendo una cultura umanistico-letteraria, antiporta dell’ideologia patriottica. Nel giugno del 1917 parte per prestare il servizio militare a Firenze come soldato semplice. Qui la madre segue il figliolo unico per agevolargli la vita con viveri di conforto, distribuiti anche ai compagni d’arme. Poi c’è la scuola militare a Caserta.
Finalmente aspirante ufficiale si avvia al fronte nel marzo del 1918 e raggiunge Semonzo il 10 dello stesso mese per presentarsi al comando del reggimento di assegnazione, il 58° della brigata Abruzzi. Inquadrato nella II compagnia del II battaglione, ha il primo incarico di accompagnare in linea un plotone di complementi. Credendo di trovarsi di fronte dei ragazzini come lui si impatta invece su uomini maturi provati dalla guerra fin dal 1915: sono già preparati con il loro equipaggiamento, sanno cosa fare senza attendere ordini e sono pronti per avviarsi al seguito di un fante esperto che li guida nell’oscurità della notte.
In pratica sono i vecchi soldati che accompagnano l’aspirante diciannovenne e non viceversa. Ciò la dice lunga sulla preparazione “guerriera” degli ufficiali plotonisti, proposti nella letteratura di guerra come impavidi condottieri, mentre, in buona parte, si trattava di ragazzi obbligati a ricoprire un ruolo per loro improprio.
Era accaduto sul Grappa, nel dicembre precedente, che un intero battaglione del 41° reggimento della brigata Modena si fosse arreso senza sparare per decisione quasi unanime dei suoi ufficiali, decisione presa da chi se ne stava protetto in caverna mentre i fanti subivano il fuoco nemico in trincea. E questi erano coloro ai quali, secondo il regolamento di disciplina del 1907, il soldato avrebbe dovuto “fare scudo del proprio corpo”.
Comunque il giovane aspirante se la cava grazie soprattutto all’esperienza dei suoi sergenti e graduati di truppa che conoscono i soldati e si rapportano con loro, mentre a lui, come ufficiale, è riservato il compito di assicurare la catena di comando con il battaglione.
Curiosi sono alcuni particolari inerenti i compiti del suo attendente che ci portano a conoscenza di come, anche in zona di combattimento, potessero persistere incomprensibili privilegi: è l’attendente che provvede al benessere dell’aspirante, finanche a procurargli, con va e vieni continui, il cibo della mensa ufficiali acquartierata presso il comando di battaglione.

La casera Cestarotta 

 Arrivato al battaglione, Geraldini viene condotto in prima linea a prendere conoscenza del terreno. Il punto più avanzato italiano è un saliente di fronte ai ruderi della casera Cestarotta dove stanno le vedette austriache e, lo informano, anche un tiratore scelto. Qui si svolge la vicenda che vede l’aspirante romano coinvolto come sniper : utilizza, alternandosi con un collega, un fucile 91 provvisto di ottica a scopo di passatempo durante la siesta pomeridiana. Fra i due si svolge una gara a chi riesce ad abbattere più soldati austriaci (chiamati “cecchini” nel testo) che, assetati, si avventurano verso una posa d’acqua.
Tutto ciò continuerà finché gli avversari non distruggeranno il “ridottino” e il 91 di precisione a colpi di artiglieria; in quel momento Geraldini, fortuna sua, non c’era. Tutto questo ci lascia perplessi: se è vero che non esistono modalità etiche di condurre le azioni di guerra, è altrettanto vero che gli atti cruenti del combattimento dovrebbero investire i momenti di difesa e conquista del territorio: atti necessari e non gratuiti.
Siamo ben lontani dall’umanità dimostrata da Fritz Weber, nel corso della battaglia di Caporetto, quando impedisce al suo caporale di sparare contro un soldato italiano impegnato a defilarsi fra i cespugli, dicendogli “Non siamo assassini di strada”. Eppure, sempre sul fronte del Grappa, ci sono stati anche episodi di fraternizzazione tra piccoli posti nemici dove non si sparava inutilmente, come è avvenuto a Ca’ Tasson: episodi narrati nelle sue memorie da Ermes Rosa, allora aspirante del 74° reggimento fanteria.
Ci sono tanti modi di uccidere: a distanza senza vederne gli effetti oppure guardando il viso dell’altro, come nel caso di Cestarotta. Joanna Bourke, storica inglese, ha svolto una ricerca sulle uccisioni di guerra raccogliendo, nel mondo anglosassone, anche testimonianze di tiratori scelti, i quali, oltre all’amarezza del ricordo delle loro azioni, dovevano subire l’ostilità dei commilitoni che non li apprezzavano, tant’è che nel secondo conflitto mondiale questi specialisti dovevano stare separati dalla truppa comune.
Nel 1934 Geraldini scrive di “quel feroce passatempo” e forse esprime qualche dubbio sul suo operato giovanile quando afferma che quei soldati “mi sfilano allora dinanzi, col loro viso senza forma precisa”: non vuole raffigurarseli con i loro volti, l’espressione più umana, forse per una sorta di rimozione del ricordo.

 Fine della guerra sul Grappa

Il settore di Geraldini, durante la sua permanenza sul Massiccio, è stato particolarmente interessato dalla Battaglia del Solstizio del 15 giugno 1918; qui gli austro-ungarici sfondano tre linee italiane ma sono bloccati il giorno stesso al Col Raniero, di fronte al Pianaro e al Col del Gallo, dove lui si trova con il battaglione di riserva che parteciperà ai contrattacchi.
La battaglia finale del 24 ottobre 1918 coinvolgerà più pesantemente altre zone come il Pertica, i Salaroli e il Valderoa, fino al volontario abbandono del Grappa da parte degli austro-ungarici dalle ore 24.00 del 30 ottobre 1918. È curioso come qui gli italiani vengono a conoscenza della scomparsa degli austriaci.
Infatti, nella notte del 31 Geraldini si avvia con una pattuglia in ricognizione verso le linee austriache del Col Caprile, con circospezione per via dei razzi lanciati dalle postazioni e dei rumori che da esse provengono: trovano il vuoto, salvo tre soldati ammalati di dissenteria lasciati sul posto a lanciare racchette illuminanti e a battere le pietre con un piccone. E con questo, possiamo dire, si concludono le avventure belliche del nostro memorialista, anche se la sua storia continuerà brevemente con l’inseguimento degli sconfitti.

 Bibliografia

Joanna Bourke, “Le seduzioni della guerra. Miti e storie di soldati in battaglia (originale: An Intimate History of Killing. Face-to-Face Killing in Twentith-Century Warfare)”, Carocci editore, Roma 2003

Filippo Cappellano, “Disciplina e giustizia militare nell’ultimo anno della Grande Guerra”, in Storia militare di novembre 2001 n. 98 (nota 6: Foglio riservatissimo personale al Ministro della guerra n. 7000 in data 28.12.1917 dell’Ufficio operazioni di guerra e affari generali).

Filippo Cappellano, “Cadorna e le fucilazioni nell’Esercito italiano 1915–1917”, Annali del Museo storico della guerra di Rovereto, 2015 n. 23 (stralcio del Regolamento di disciplina del 1907).

Mario Isnenghi – Giorgio Rochat, “La Grande Guerra 1914–1918”, Il Mulino, Bologna 2008.

Carlo Meregalli, “Grande Guerra sul Grappa. Von Dellmensingen: Il monte sacro degli italiani”, Tassotti editore, Bassano del Grappa (VI) 2003.

Livio Pierallini – Sergio Zannol, “L’occhio mortale. I tiratori scelti italiani nella Grande Guerra. Fucili, ottiche e munizioni”, Itinera progetti, Bassano del Grappa (VI) 2014.

Ermes Aurelio Rosa – Ludovico Lommi (a cura di R. Dal Molin), “Gli arditi sul Grappa”, Itinera progetti, Bassano del Grappa (VI) 2003.

Livio Vanzetto, “Guida storica ai monumenti di Cima Grappa”, Istresco, Treviso 2001.

Fritz Weber, “Tappe della disfatta”, Mursia editore, Milano 2007.

 Cartografia utllizzata

Carta del Comando del IX Corpo d’armata con la sistemazione difensiva austriaca alla data del 1 settembre 1918.
Carta topografica escursionistica 1:25.000 Monte Grappa–Bassano–Feltre n. 51 della Casa editrice Tabacco.

 Hanno collaborato:Lorenzo Capovilla, Giancarlo De Santi, Antonio Piovesan, Luigino Righetto, Franco Tiveron e Sergio Zannol.

Il libro (formato pdf-46MB)

  • Casera Andreon Monte Grappa, casera Andreon. Visita didattica di allievi della scuola media Don Milani di Mestre
  • Da S. Felicita a Col Campeggia Il sentiero che dalla valle di S. Felicita conduce a Col Campeggia, la via percorsa da Geraldini per arrivare in prima linea
  • Col del Miglio da Asolone Col del Miglio, più alto a sinistra, e Col Caprile, più basso a destra, con sullo sfondo l’altipiano di Asiago. Visione dal versante ovest del monte Asolone
  • Granate sull'Andreon Pendio a nord della casera Cestarotta battuto dalle artiglierie italiane dell’Altipiano di Asiago
  • Casera Cestarotta Tra i ruderi della casera Cestarotta si trovava l’avamposto austriaco .
  • Osteria del Pianaro L’Osteria del Pianaro sulla sella tra Col del Gallo e Col Raniero
  • Col del Gallo Trinceramenti sulla dorsale est del Col del Gallo in salita verso il Pianaro