Carla Rocca

Per i più Carla Rocca, scomparsa tre anni fa, precisamente il 30 ottobre 2013, è stata soprattutto una professoressa di francese in pensione, dotata di un bel caratterino, presente in molte iniziative civili e culturali di Treviso.

Ma Carla aveva una storia, che aveva, se non rimosso, almeno tenuta in serbo. Fino a cinque anni era (inconsapevolmente) ebrea, in quanto figlia di madre ebrea, Giorgina Khon. Fu battezzata a cinque anni, nel 1933, perché i genitori, laici, non volevano esporla a discriminazioni a scuola.
Nel ’38, con l’avvento in Italia delle leggi razziali, non cambiò nulla nella famiglia anche se la madre dovette recarsi nella prefettura di Asti, dove allora risiedeva, per dichiarare la propria ebraicità. La situazione cambiò radicalmente nel ’43, quando vennero applicati gli effetti di una decisione presa il 22 ottobre 1942 dal Ministero dell’Interno – Direzione Generale Demografia e Razza, sezione 1^, con la quale tutti i componenti della famiglia, quindi anche Carla e il padre Lamberto venivano dichiarati appartenenti alla “razza ebraica”. Il primo, direttore dell’Unione Fascista degli agricoltori, fu licenziato, Carla espulsa dal liceo “Antonio Canova”. Tutti sarebbero stati catturati e spediti in Germania se un comandante dei Carabinieri non li avesse preavvisati, consentendo loro la fuga e due anni di vita clandestina sotto falso nome (Roversi).

L’abbandono improvviso di uno stile di vita borghese, la clandestinità e la paura, i contatti con i partigiani del Grappa (prossimi al loro rifugio in Valsugana) la percezione di una diversità non deliberata, ma cadutale addosso, dovettero segnare profondamente Carla, e dare un’impronta nettamente antifascista al suo pensiero, se già nel ’45, appena rientrata a Treviso, partecipa alle riunioni del Fronte della Gioventù, creato dal comunista Eugenio Curiel. Di lì in avanti sarebbe stata sempre collocata ai margini di gruppi e associazione di sinistra o di centro-sinistra.

La sua non è la classica vita rappresentativa del collettivo. Tuttavia le circostanze l’hanno portata a entrare nel cuore di tante situazioni storicamente rilevanti della società trevigiana del ‘900, a contatto con tanti personaggi significativi e famosi, a essere, spesso, una “vestale” di tanti progetti civili e politici. A lasciare, comunque, un segno.

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