Riflessione di Lucio De Bortoli

MATTEOTTI È STATO VISTO

Giacomo Matteotti è di recente balzato all’attenzione della stampa locale. Considerato il caso alla lettera, pare opportuno segnalare un’utile indicazione di lettura e di approfondimento delle ragioni che portarono all’omicidio dell’onorevole Matteotti, vale dire il Delitto Matteotti di Mauro Canali.

L’omicidio Matteotti è stato prevalentemente letto come ritorsione verso il celebre intervento alla Camera nel quale il deputato di Fratta Polesine denunciò il clima di intimidazione in cui si svolsero le elezioni del 6 aprile 1924, segnalandone i brogli e i soprusi commessi. In realtà, la grande ricerca di Canali, ci mette di fronte ad una versione meno ideologica e al tempo stesso ben più grave. In sostanza, Matteotti stava per rilevare all’opinione pubblica la documentazione che aveva raccolto su una pratica di corruzione che riguardava i vertici dello Governo e il partito fascista. L’11 di giugno avrebbe presentato alla Camera l’esito le prove della tangente. Il 10 venne sequestrato dal manipolo di Dumini (i fatti dovrebbero essere noti), selvaggiamente pestato e accoltellato in un’auto noleggiata da Filippo Filippelli, direttore del quotidiano fascista Corriere Italiano. Il corpo verrà ritrovato, malamente sepolto, il 12 agosto a Macchia della Quartarella, nel comune di Riano a 25 km da Roma. Della valigetta che Matteotti aveva con sé non fu trovata traccia. E nella valigetta c’erano i documenti che provavano la corruzione.

Contesto. Dopo i traffici dei residuati bellici ceduti a finte cooperative di reduci che si incaricavano di piazzare la merce a prezzi di mercato sulle piazze europee, occorreva trovare fonti più redditizie, in particolare nel quadro delle infrastrutture pubbliche e nel commercio del petrolio. All’atto della formazione del primo governo Mussolini, l’80% del mercato petrolifero del Regno d’Italia era gestito dagli americani della Standard Oil e il resto dalla Shell. L’anno dopo una compagnia anglo iraniana dà vita ad una concorrenza efficace, al punto da offrire una convenzione a prezzi molto più vantaggiosi degli americani. Ciò malgrado, il governo intavola trattative solo con la Sinclair Oil, una controllata della Standard. Poco dopo le elezioni del ’24, nonostante la miglior offerta della compagnia inglese, il Consiglio dei ministri approva la convenzione con la Sinclair che ottiene la concessione esclusiva sullo sfruttamento dei giacimenti nazionali e quella di poter effettuare scavi in tutto il territorio nazionale; il tutto per 90 anni e esente imposte. Non solo, su predisposizione di tangenti, la società ottiene anche il divieto di trivellazioni nel suolo libico da parte di un eventuale ente petrolifero statale (Italiano).

L’operazione coinvolse politici (A. Mussolini), ministri (Corbino, Carnazza), imprenditori e diplomatici, molti dei quali in conflitto d’interessi. Tra questi anche Filippo Filippelli, fondatore del Corriere Italiano, noleggiatore dell’auto del sequestro, molto vicino e legato ad Arnaldo Mussolini. Costui, prima della firma della convenzione e delle elezioni, aveva ricevuto già dalla Sinclair (già sotto inchiesta per tangenti negli Stati Uniti) una prima tangente di un milione di lire, alla quale ne sarebbero seguite altre dopo la stipula. Obiettivo: ripianare i debiti della stampa di partito e arricchire i singoli.

Subito dopo l’omicidio, organi di stampa inglesi pubblicarono ciò che Matteotti era in procinto di fare, vale a dire denunciare alla Camera la corruzione e la documentazione. Nel clima del dopo Matteotti, con Mussolini ad un passo dalla caduta, gli accordi con Sinclair vennero non a caso cancellati nel novembre del ’24 dal governo. Ricordare il riformista Giacomo Matteotti equivale quindi a “vedere” un richiamo imperterrito e continuo al senso etico e morale. In ogni aula rappresentativa del Paese.

Lucio De Bortoli
Direttore scientifico Istresco