Frammenti di storia, di sofferenza e di libertà nelle cronache di alcuni parroci trevigiani.
CIERRE edizioni - ISTRESCO, Verona 2005, pp. 404

La ricerca, scaturita dalla sollecitazione di una ventina di cronistorie parrocchiali, indaga sul ruolo del vescovo, di alcuni preti e di alcune comunità in un periodo della recente storia trevigiana, circoscritto da due date emblematiche: 8 settembre 1943 e 18 aprile 1948. E’ un periodo di nemmeno cinque anni sul quale la precisazione cronologica delle date richiama due grandi eventi, simbolici oltre che storici, che hanno segnato la storia italiana del secolo scorso: l’inizio dell’occupazione nazifascista con l’8 settembre e l’avvento dell’Italia democristiana con il 18 aprile.

Tra i circa 600 preti diocesani, allora in attività presso le 230 parrocchie di Treviso, furono solo una decina i sacerdoti riconosciuti con la qualifica di “partigiani combattenti” dall’apposita Commissione regionale. Eppure, la grande maggioranza del clero trevigiano abbracciò decisamente la causa della resistenza civile al nazifascismo invasore. Una resistenza che si espresse in una molteplicità di interventi, miranti alla difesa e alla protezione delle vittime: dai soldati sbandati dopo l’8 settembre del ’43 ai prigionieri alleati fuggiaschi, dai partigiani in cerca di asilo agli ebrei braccati dalle SS, dagli sfollati in fuga da Treviso per i bombardamenti agli ostaggi civili dei vari paesi della Marca.

Tra tutti, emerge la figura mite e decisa del vescovo di Treviso, Antonio Mantiero il quale, nel suo quotidiano e rischioso peregrinare per chiedere clemenza presso gli alti comandi nazifascisti del Veneto, riuscì a sottrarre al carcere e alla deportazione, circa una sessantina di sacerdoti e un centinaio tra civili e partigiani.
Nella precarietà dell’immediato dopoguerra, molti preti s’impegnarono sul fronte immane dei molteplici bisogni sociali creati dal conflitto e sul fronte di un’accesa competizione politica tra cattolici e comunisti.