Relazione Morale

Assemblea dei soci del 3 luglio 2015

Premessa

Il gruppo dirigente dell’Istresco guarda con serenità e fiducia al futuro e opera nel presente con tutte le proprie energie e forze per dare forma e attuazione ai progetti che più stanno a cuore all’Istituto. La fiducia nasce anche dal fatto che negli ultimi quattro anni abbiamo dovuto affrontare momenti difficili e passaggi cruciali che non hanno ridotto all’inattività l’Istresco, anche se – come è logico in questi casi – ne hanno mutato l’organizzazione interna del lavoro e il modo di proporsi verso l’esterno. Ricordiamo: la perdita del docente comandato nel 2011; il recupero di operatività con i nuovi docenti comandati, Lucio de Bortoli e Lisa Tempesta; il rinnovo degli organi dirigenti nel 2013; il venir meno di importanti risorse economiche quali la quota associativa della Provincia, che pure ha mantenuto fino ad oggi il sostegno alla nostra attività. Queste situazioni sono state affrontate con lo spirito “giusto”, quello di continuare ad operare, non imputando a fattori esterni e ai tempi “particolari” in cui viviamo una causalità sovradimensionata e colpevole. Lamentarsi non risolve i problemi, anzi ne enfatizza solo gli aspetti emozionali. Le difficoltà sono fatte per essere superate e i problemi spingono a cercare delle soluzioni. Abbiamo cercato di far prevalere le opportunità e le occasioni evitando di lamentarci per le presunte avversità.

Punti di forza dell’Istresco

Il presente dell’Istresco presenta una serie di punti di forza sui quali contare. Anzitutto i volontari che mantengono in vita l’Istituto e che con la loro dedizione consentono l’erogazione di tutta una serie di servizi. Sono tutti essenziali e importanti. Tra questi, il direttore Erika Lorenzon e il condirettore nonché docente comandato Lisa Tempesta che dedicano all’Istituto energie che sarebbe giusto riservassero a se stesse e alla vita famigliare. In particolare dobbiamo ringraziare per la dedizione totale, la competenza e la professionalità del servizio Lisa Tempesta che ha chiesto di tornare a scuola e che sarà sostituita – se il MIUR confermerà i comandi dell’anno scolastico 2014-15 – da Gian Pier Nicoletti.
Un secondo punto di forza è costituito dai rapporti di collaborazione con gli Enti locali e le associazioni con i quali sono stati sviluppati e sono in atto importanti progetti. Ricordiamo tante amministrazioni comunali, tra le quali quelle di Treviso, di Casier, di Trebaseleghe, di Nervesa, Preganziol, Istrana, Maser, Montebelluna, Spresiano … e la rete AUSER; associazioni come il CAI di Treviso (vedi organizzazione corso di aggiornamento per docenti sulla Grande Guerra che si terrà a settembre); il Centro Luccini di Padova che ci ha coinvolto nella rete/coordinamento veneto degli Archivi storici, Biblioteche e Centri di documentazione della CGIL; Sempre fondamentale rimane la collaborazione con Istituzioni culturali (Archivio di Stato) e religiose (Biblioteca del Seminario vescovile).
Sono aumentate e hanno avuto riscontri lusinghieri le collaborazioni con i servizi culturali e Archivistici della regione Veneto.
Il nostro istituto si è fatto promotore di una serie di progetti di ricerca di carattere regionale e interregionale, che sono diventati delle opportunità per lavorare in rete con gli altri istituti per la storia della Resistenza e altri centri di studio (vedi Istituto Livio Saranz di TS). per costruire nuovi rapporti di collaborazione.
Abbiamo la fondata speranza che questo trend possa essere confermato: abbiamo capito che, in parte, queste possibilità di operare culturalmente dipendono da noi, dalla nostra disponibilità e dal fatto di essere portatori di proposte qualificate. Lavoreremo in questa direzione.
Un ulteriore punto di forza, anche questo consolidato e che ci auguriamo mantenga e incrementi la propria produttività, è l’asse con la Camera del Lavoro di Treviso e con lo SPI CGIL con i quali interagiamo ormai su più fronti, senza mai abbandonare quello che ci qualifica, cioè quello della ricerca storiografica calata sul mondo del lavoro.
Ritengo che debba essere considerato un ulteriore punto di forza l’offerta didattica che abbiamo rivolto sia agli alunni che ai docenti. Abbiamo condotto in porto attività di formazione e aggiornamento (patrocinati anche dall'USR) che proseguiranno anche in futuro e sono stati numerosi ed apprezzati gli interventi presso vari Istituti scolastici, sia in occasione del calendario civile che su argomenti propri della didattica della storia.
Probabilmente una via da percorrere potrebbe essere quella di progetti attuati in collaborazione con docenti di Istituti scolastici, come è avvenuto quest’anno con il Liceo da Vinci e l'IStituto Comprensivo di Cornuda, offrendo consulenza e risposte a precise istanze che nascono dall’attività didattica. Didattica che sempre più si muove su ambiti digitali e che mira a prodotti per il web.
Il 2014 è stato l’anno in cui abbiamo riorientato l’attività editoriale, sia per una questione economica che di obiettivi. Abbiamo cercato altre strade che potessero ridurre i costi delle pubblicazioni a carico dell’Istituto anche mediante nuove partnership editoriali e abbiamo cercato di sviluppare una nuova progettualità in ordine al centenario della Grande Guerra. Contestualmente abbiamo sostenuto ricerche di nostri collaboratori che sono state ritenute di pregio dal Comitato scientifico. Proseguiremo su questo binario, consapevoli che il testo cartaceo, pur rimanendo una forma di comunicazione privilegiata, non è però l’unica e neppure la più fruita dal pubblico dell’epoca digitale.

Criticità

Nel corso dell’anno, il gruppo dirigente si è spesso interrogato su una serie di criticità che si sono poste all’attenzione e che vuole condividere con i soci.
Anzitutto la progressiva erosione del numero dei soci (attualmente 200 di cui solo 70 ca. hanno versato la quota associativa 2015) Constatiamo anche la mancanza di soci giovani. È importante comprendere se questo trend sia imputabile ad una serie di fattori legati all’evoluzione sociale e alla perdita di interesse nei confronti della storia e della ricerca storiografica (e su questo ci sembrano illuminanti talune considerazioni di Livio Vanzetto), oppure se si tratti di un deficit di attrattività da parte dell’Istresco. La questione rimane aperta e è opportuno che venga riproposta nei vari tavoli di discussione interni all’Istituto (Comitato scientifico, Comitato direttivo…), in modo che si possano individuare e attivare strategie per invertire la rotta.
Una seconda criticità è data dalla difficoltà di aggregare figure nuove di giovani ricercatori e storici. Certo, il venir meno del Dipartimento di storia contemporanea all’Università Ca’ Foscari e i corsi di laurea brevi non favoriscono l’emergere di profili che abbiano le caratteristiche per poter essere inseriti e fare pratica di ricerca e di scrittura presso il nostro Istituto. Fino a qualche anno fa era possibile dare risalto a giovani laureati e alle loto tesi di laurea: era un modo intelligente per dare una possibilità e arricchirci di nuove forze. Certo, l’Istresco può contare su un buon numero di validi ricercatori, però quello che è mancato in questi ultimi anni è l’affacciarsi di nuove individualità che sarebbero portatrici, senza dubbio, di sensibilità e attenzioni feconde.
Una terza criticità è data dal fatto che il nostro Istituto ha scarsa rappresentanza a livello della rete nazionale degli Istituti. Nel recente passato e nel presente, tra gli Istituti veneti, quelli che hanno o hanno avuto un loro rappresentante presso il Nazionale sono l’Istituto di Venezia, e quello di Vicenza. Lo aveva l’Istituto di Verona. Ora, venuto meno il ruolo di Istituto regionale di Padova, è presumibile che – se verrà deciso di mantenere un capofila regionale – la casella venga occupata dall’Istituto di Venezia. A nostro avviso tutto ciò non rende merito al ruolo e alle iniziative che in questi anni l’Istituto di Treviso ha portato avanti. Bisognerà prestare attenzione alle modalità con cui si andranno a riempire determinate caselle ed essere pronti a proporre nostri candidati, non tanto per occupare posti, quanto per poter essere incisivi nelle decisioni che contano e che attualmente ci vedono al traino di altre cordate.
Una quarta criticità sulla quale si sta lavorando mediante la riorganizzazione del sito è quella della comunicazione verso l’esterno. Se mettiamo a confronto tutta una serie di proposte culturali, afferenti il nostro ambito operativo, che vengono veicolate e proposte al territorio da altri soggetti con la qualità di quelle che riusciamo a progettare come Istresco, non possiamo non rilevare come prodotti di qualità pari o inferiore abbiano una circuitazione maggiore dei nostri. Una delle possibili spiegazioni potrebbe stare nella inadeguatezza della nostra comunicazione verso il territorio. La riorganizzazione del sito intende essere un primo tentativo di migliorare questo ambito, consapevoli comunque della complessità delle dinamiche della comunicazione ai nostri giorni.
Un’ultima criticità, per la quale è necessario il contributo di tutti, è la ripartizione dei carichi di lavoro e di responsabilità interne all’Istituto. Quasi sempre la grande quantità di lavoro che l’Istituto mette in campo, finisce per gravare sulle spalle di poche o di una sola persona. In certi momenti, si è avuta la sensazione che le persone a cui si chiedeva collaborazione e disponibilità, manifestassero atteggiamenti più da controparte che da sodali delle fatiche e della necessità di trovare soluzioni.
Sarebbe poi importante che alla proposta di un’idea o di una iniziativa facesse seguito anche la disponibilità a contribuire concretamente alla sua attuazione, perché qualsiasi evento, anche quello più piccolo, come può essere una singola conferenza, comporta una grande mole di lavoro.

Conclusioni

Ricordo che una decina di anni fa una delle discussioni che più appassionava nel confronto tra di noi era quella relativa all’identità dell’Istituto e alla sua leggibilità nel nome. C’era chi proponeva di rinominarlo Istituto di storia contemporanea e chi difendeva con convinzione il riferimento alla Liberazione che, per questo, non doveva scomparire dal nome. Oggi la questione ha forse perso di interesse, probabilmente perché siamo più presi dal presente che dai conti col passato.
Credo che gli eventi che sono intervenuti in questo terzo millennio e in particolare negli ultimi anni chiedano a un Istituto come il nostro di non rimanere afasico di fronte a fenomeni quali le migrazioni inarrestabili, le nuove povertà e le marginalità sociali. Abbiamo capito – ma forse non del tutto - che la democrazia non è stata conquistata allora per essere goduta da quelli, come noi, che se la sono ritrovata: la democrazia è una pratica difficile e rischiosa che richiede una profonda moralità. Noi, forse, abbiamo un vantaggio rispetto a coloro che vissero e combatterono nella Resistenza, quello di disporre di 70 di storia con cui confrontarci e misurarci. 70 anni di vissuti che un Istituto come il nostro deve praticare con onestà intellettuale e rigore per dire democraticamente qualcosa di responsabile sul presente.

Il presidente
Amerigo Manesso